Per molti anni nel mio immaginario la figura del responsabile del recupero crediti ha assunto le sembianze di un signore toscano di mezza età, che avevo conosciuto in una rinomata società di impiantistica, dove svolgevo la revisione contabile. Questo dipendente trascorreva le sue giornate litigando al telefono con i clienti morosi, usando toni variopinti che spesso rasentavano il turpiloquio.
Successivamente, in altre aziende con incarichi operativi da CFO, mi sono reso conto di come quelle modalità non rappresentassero di certo delle best practices e di come, invece, il recupero del credito possa, talvolta, essere un’interessante opportunità commerciale e di positiva interazione fra colleghi. Questo almeno in uno dei casi che descriverò.
Un credito, infatti, può essere in sofferenza per diverse motivazioni, generando una casistica riconducibile, con qualche semplificazione, alle seguenti tre situazioni:
- comportamenti opportunistici
- insufficiente collaborazione e comunicazione interna
- difficoltà finanziarie del cliente
Analizziamole una per una.
La risposta ai comportamenti opportunistici
È purtroppo un radicato malcostume italico quello di ritardare i pagamenti ai fornitori, che vengono così impropriamente utilizzati come fonte di finanziamento. Si tratta di un atteggiamento deleterio per il sistema Italia e che trova in buona parte alimento in una mentalità sbagliata, difficile da estirpare. Sono casi estremi, ma ho conosciuto purtroppo imprenditori che erano soliti ritardare il saldo dei debiti commerciali al solo scopo di chiedere in maniera sistematica riduzioni non marginali dell’importo dovuto!
Alcuni creditori rifiutavano, mentre altri, messi alle strette, accettavano.
Diventa scontato citare a questo proposito la Germania, che non conosce queste anomalie, solo per ricordare come non sia impossibile adottare comportamenti più responsabili, nell’interesse generale.
In presenza di comportamenti opportunistici, la risposta migliore è quella di attivare immediatamente le procedure formali di messa in mora e recupero: un primo sollecito, poi, in assenza di reazione del debitore, la messa in mora da parte del legale e infine la richiesta di decreto ingiuntivo.
Su questo fronte, possiamo almeno registrare una buona notizia: con l’introduzione del processo telematico, il procedimento per il decreto ingiuntivo è divenuto finalmente più rapido ed efficace, almeno per quanto riguarda una buona parte dei Tribunali.
Alcune imprese, soprattutto quelle medio-piccole, hanno tuttora delle remore nell’attivazione della procedura giudiziale, a causa delle resistenze della direzione vendite, delle spese legali da anticipare e delle lungaggini processuali, anche se queste ultime, come si diceva, erano più frequenti negli anni passati che oggi. In questa circostanza, una posizione attendista non ha ragione d’essere e quasi sicuramente una ferma richiesta di rientro dal debito non solo avrà successo, ma non deteriorerà nemmeno i rapporti commerciali in essere (ho gestito personalmente con successo alcuni casi di questo tipo: pagamento integrale di capitale e interessi e nuovo ordine di acquisto del cliente dopo poco tempo).
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Insufficiente collaborazione e comunicazione interna: il ruolo del CFO
È il caso più interessante, che può riservare delle piacevoli sorprese. Un credito incagliato è talvolta la conseguenza di un’interazione non ottimale fra cliente e venditore. Anche i venditori più capaci possono trascurare alcuni aspetti della relazione commerciale e di fornitura, generando così insoddisfazione nel cliente e il conseguente insoluto.
Il responsabile commerciale può avere fatto delle promesse sulle condizioni di vendita che non è poi stato in grado di mantenere, quali punti di sconto in più, reso di alcune merci, condizioni di pagamento extra, inferiori tempi di consegna. Oppure si possono essere verificati inconvenienti sulla conformità della fornitura (difettosità del prodotto, incompletezza o difformità degli articoli spediti, etc.) non gestiti con sufficiente attenzione.
Quasi sempre all’origine di questi problemi vi è la mancata condivisione di alcune informazioni all’interno dell’azienda, anche a causa delle barriere o difficoltà di comunicazione esistenti fra i diversi uffici. Basti pensare ai frequenti conflitti tra la funzione del controllo qualità e quella commerciale, oppure fra quest’ultima e la logistica. O addirittura, all’interno della stessa funzione commerciale, fra l’amministrazione vendite ed il venditore stesso.
Il CFO può svolgere un ruolo decisivo nella risoluzione di queste problematiche, promuovendo momenti di confronto allargato fra le varie funzioni durante i quali, con prefissata periodicità, il personale commerciale sia chiamato a rispondere dei mancati pagamenti e a fornire tutte le informazioni rilevanti, oltre a un piano di azione.
È poi consigliabile che alle verifiche periodiche partecipino tutti i venditori: da una parte, per stimolare una sana competizione interna (nessun dipendente prova soddisfazione nel presentare valori di crediti scaduti superiori a quelli dei colleghi), dall’altra, per fornire l’evidenza di un metodo imparziale e ben strutturato.
Un siffatto processo, qualora condotto con metodicità e in maniera condivisa, avrà l’effetto di ridurre le barriere interne, le difficoltà di comunicazione e di rafforzare lo spirito di gruppo, ma soprattutto porterà all’identificazione di ulteriori opportunità, fornendo nuove informazioni e facendo emergere tutte le criticità.
Non è infrequente per esempio che, analizzando il profilo di acquisto del cliente, anche in relazione a un eventuale blocco delle consegne, vengano individuate nuove occasioni di vendita, per altri prodotti o servizi. In special modo, nelle grandi aziende vi possono essere prodotti di recente introduzione, dei quali alcuni venditori non sono al corrente o non pienamente aggiornati, oppure, a parità di applicazione, vi possono essere soluzioni più adatte.
A tale proposito, ricordo un contenzioso sui pagamenti per un problema di malfunzionamento di un’apparecchiatura, risoltosi poi positivamente perché, in seguito alla riunione periodica sul credito, si è compreso che il prodotto non era difettoso, ma semplicemente non compatibile con il tipo di applicazione richiesto dal cliente, al quale è stato poi consegnato l’articolo idoneo in sostituzione.
Affrontare le difficoltà finanziarie del cliente
È questo il caso più critico. Le difficoltà finanziarie possono essere transitorie (e spesso lo sono, per fortuna) oppure permanenti, destinate a sfociare nello stato di insolvenza.
Nella denegata seconda ipotesi, non resta che accelerare le procedure legali di recupero per capitale, interessi di mora e spese, con azioni tempestive che precedano quelle di altri creditori o l’apertura di una procedura concorsuale.
Qualora invece le difficoltà siano temporanee, è preferibile concordare dei piani di rientro, che includano gli interessi per il ritardato pagamento (in genere il debitore, di fronte ad un approccio collaborativo, è incline ad accettarli). In questi frangenti è sempre difficile qualificare la transitorietà della situazione, che andrà valutata in base alla storicità del cliente e al suo posizionamento sul mercato, alle referenze bancarie, alle informazioni provenienti da altri operatori del settore o filiera di appartenenza.
In conclusione, il recupero del credito è un’attività molto articolata e di grande importanza, non solo per i riflessi immediati sulla liquidità ed il fatturato, ma anche ai fini dell’identificazione di nuove modalità operative e opportunità commerciali, e che presuppone un ampio coinvolgimento delle strutture aziendali.
Insomma, tutto il contrario di quanto avveniva molti anni fa in una primaria società di impiantistica, nella quale uno scorbutico e baffuto signore toscano di mezza età cercava, in perfetta solitudine, di ridurre gli scaduti minacciando al telefono clienti inadempienti.
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