L’internazionalizzazione è un’evoluzione dell’impresa. Se in questo processo evolutivo l’impresa è arrivata allo stadio di possedere una o più società estere controllate (commerciali e/o produttive) allora si troverà a gestire problematiche relative all’integrazione e al controllo di queste società.
Vediamo come le PMI possono affrontare l’internazionalizzazione con successo, analizzando i principali errori da evitare e cosa fare nella fase di integrazione e della gestione delle società estere.
Quali sono gli errori da evitare?
Dando per scontato che gli aspetti relativi al mercato e quelli tecnici industriali siano seguiti propriamente, l’elenco delle cose da non fare è sempre lungo. Qui cito solo le 3 principali:
- non dare la giusta attenzione ai dati;
- utilizzare nell’integrazione un approccio non equilibrato;
- non stabilire dei limiti ai poteri di firma del management locale.
L’importanza dei dati
L’imprenditore, nell’integrazione delle società, tende in modo naturale a mettere il suo focus sui temi relativi al mercato (commerciale), al prodotto, alle tecnologie utilizzate nelle fabbriche ecc..I dati diventano così una priorità secondaria, chiedendo al team AFC (Amministrazione Finanza e Controllo) di giocare un ruolo di secondo piano, limitato sostanzialmente al ricevimento e al consolidamento dei numeri e dei reports della società estera.
Questo è l’errore classico. Presumere che i numeri siano numeri e che non abbiano bisogno di essere tradotti, che siano affidabili e che siano costruiti con metodologie omogenee a quelle della casa madre. Si pensa: «Se si chiamano allo stesso modo significa che conterranno le stesse informazioni!». Non è assolutamente così.
È assai probabile che i dati non siano costruiti con le stesse metodologie, come non è detto che gli aggregati ancorché chiamati in modo simile siano omogenei a quelli in uso alla casa madre. L’elenco dei possibili fraintendimenti è infinito. Il problema è che dati errati possono guidare l’imprenditore (il CEO) a prendere decisioni che non avrebbe preso se avesse avuto il quadro corretto al momento di decidere.
Nella scelta dell’approccio, evitare gli estremi
Fra i tanti approcci possibili nell’integrazione di una società estera sono da evitare i 2 estremi:
- Il “colonizzatore”, che non tiene in debita considerazione la cultura e le consuetudini del paese estero e che con il suo comportamento e le sue direttive incide negativamente su clienti, fornitori e impiegati, processi e metodologie esistenti;
- L’“incurante”, che non si dà pensiero di cose che dovrebbero interessargli direttamente e che non si cura delle norme basilari della prudenza.
Queste cose accadono! Ho osservato personalmente questi approcci nella storia di alcune aziende per cui ho lavorato. Essi hanno determinato risultati pesantemente negativi che solo approcci più equilibrati, lontani da questi estremi, hanno consentito di recuperare portando le società estere al successo. L’approccio equilibrato da utilizzare varia da caso a caso e può dipendere da una varietà di fattori come ad esempio: il paese, il settore, la dimensione, che fase sta attraversando la società estera ecc..
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Stabilire limiti ai poteri di firma del management locale
Nell’ambito della governance della società estera controllata, si consiglia di dedicare particolare attenzione ai poteri di firma attribuiti al management locale. Bisogna inoltre aggiungere all’elenco che, normalmente, nelle deleghe del CEO sono inclusi anche temi che attengono alla gestione aziendale. Anche qui l’esperienza insegna.
Tuttavia, attenzione a non scivolare nell’estremo opposto! Ancora una volta equilibrio è la parola chiave. I gradi di autonomia dovranno:
- essere tali da consentire lo svolgimento delle operazioni di normale gestione in modo efficiente e tempestivo;
- essere in funzione della dimensione della società;
- dipendere dal tipo di business.
Suggerisco di regolamentare invece situazioni come:
- contratti che per valore superano un certo ammontare (se pluriennali allora considerare il valore complessivo);
- progetti di investimenti di rilevante entità.
Per queste tipologie di scelte si consiglia di richiedere un’approvazione del CdA della società estera.
Integrazione della società estera controllata: come mantenerne il controllo?
Non trattando gli aspetti di mercato e industriali, che sono legati ai casi specifici e che comunque assumiamo qui essere ben seguiti (come anche gli aspetti etici), approfondiamo il discorso relativo ai dati e più in generale al sistema di controllo interno. Decisioni commerciali, industriali, organizzative ecc. vengono sempre prese con il supporto fondamentale dei numeri, per questo i dati sono centrali per il successo dell’iniziativa estera.
In concreto, cosa fare?
Si deve anzitutto comprendere quali informazioni sono disponibili e verificare le metodologie con cui sono costruite e poi utilizzate.
Il primo passo è quindi analizzare il sistema informativo della società estera con particolare attenzione al software e ai processi Amministrativi, ai processi di Controllo di Gestione e a quelli della Finanza; il secondo passo sarà quello di integrarli (armonizzandoli, e non colonizzandoli).
L’analisi del sistema informativo e l’adeguamento del sistema e dei processi amministrativi
Il primo passo è l’analisi del sistema informativo della società estera, per capire come è parametrizzato l’ERP e quanto è facile modificare detti parametri (per esempio: aggiungere l’informazione del “Canale di Vendita” nell’anagrafica clienti, aggiungere un conto di contabilità, creare un centro di costo ecc.). L’obiettivo è costruire tutti i dati necessari alle analisi del Controllo di Gestione e al monitoraggio delle varie componenti del business.
Nella stragrande maggioranza dei casi, i gap informativi possono essere risolti con una parametrizzazione adeguata del sistema già in uso. Non è quindi necessario cambiare ERP per sanare i gap – un po’ di fantasia e la soluzione si trova, questa almeno è la mia esperienza.
L’altro elemento chiave è l’analisi (e successiva modifica, se necessaria) delle metodologie utilizzate in contabilità, così da confermare che la produzione di Conti Economici e Stato Patrimoniale mensili abbiano qualità e dettagli adeguati alle esigenze di controllo della casa madre, oltre che tempistiche accettabili (cinque giorni lavorativi è lo standard).
Infine, per la sua rilevanza nell’evitare frodi, sottolineo l’importanza dell’analisi del processo di approvazione delle fatture passive al pagamento, soprattutto con riferimento alla gestione delle eccezioni che risultano dal controllo ordine-entrata a magazzino-fattura.
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Integrazione del Controllo di Gestione
Se con riferimento all’ERP e al sistema amministrativo abbiamo sottolineato l’opportunità di coerenza nei dati di base, nell’integrazione del Controllo di Gestione portiamo l’accento su come quei dati vengono utilizzati, aggregati ed elaborati.
Anzitutto, parlando dell’integrazione del Controllo di Gestione, è essenziale non fermarsi all’ovvio, cioè all’armonizzazione dei reports gestionali.
È importante andare oltre, analizzare e poi armonizzazione le metodologie e le prassi in utilizzo.
Con che livello di dettaglio vengono preparati i budget annuali e il piano pluriennale? Le analisi degli scostamenti identificano le cause o si limitano a identificare la mera differenza numerica? Con che tempestività sono pronte? Che fattori sono inclusi nelle analisi che supportano le decisione di investimento? L’elenco appena fatto è solo per citare alcuni dei temi che andrebbero affrontati.
L’imprenditore (o CEO) e il suo management sono supportati (e guidati) nelle loro scelte da analisi economico-finanziarie preparate dal Controllo di Gestione. È fondamentale per il successo della relazione casa madre-società estera, e per il raggiungimento degli obiettivi prefissati per quest’ultima, che queste elaborazioni siano omogenei in qualità e contenuti con quelle in uso presso la casa madre.
Integrazione dell’Area Finanza
L’integrazione dell’Area Finanza è suggerita sia per conseguire efficienze nell’utilizzo delle risorse finanziarie, ma anche come modo per ridurre il rischio di frodi. Anche in questo caso il grado di integrazione dei processi può variare di molto da società a società.
Anche per questo tema non c’è una soluzione giusta o sbagliata, tuttavia consiglio almeno quanto di seguito:
- L’analisi delle procedure in Area Finanza. È importante verificare se e come è attuata la separazione dei poteri in ogni fase dei processi che coinvolgono gli incassi, i pagamenti e gli impieghi di eccedenze e come e con che frequenza sono fatte le riconciliazioni bancarie. Eventuali gap nelle procedure andrebbero risolti, per ridurre il rischio frodi.
- L’integrazione della gestione della liquidità. L’obiettivo in questo caso è un utilizzo delle linee di credito del gruppo più basso di come sarebbe se ciascuna società gestisse la finanza autonomamente.
Quest’ultimo punto è molto più semplice da ottenere di quanto non si pensi, grazie ai mezzi oggi a nostra disposizione. Con i sistemi di home banking attuali, infatti, operare sui conti correnti di tutte le società è questione di deleghe e opportuni accordi intrasocietari.
Allo stesso modo è possibile organizzare i processi di pagamento dei fornitori della società estera in modo tale che sia la casa madre ad accedere ai sistemi aziendali della società estera e autorizzare le istruzioni di pagamento finale.
Una soluzione più sofisticata (e più efficiente) è l’attivazione di un cash pooling che ha il vantaggio di ridurre ulteriormente l’esposizione onerosa media del gruppo verso le banche compensando giornalmente posizioni in attivo con quelle in passivo sui conti correnti automaticamente.
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